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Storia del Comune
La storia del Comune di Breme è ricca di pregi artistici e culturali, accumulati nel tempo. Le origini dell'insediamento si perdono nel tempo sino all'antichità.
L'età antica
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Il medioevo
Nello stesso anno iniziò la costruzione dell’abbazia per opera dei frati benedettini.
Dell’abbazia parleremo più diffusamente nel capitolo ad essa dedicato; per ora è sufficiente affermare che dal punto di vista giurisdizionale, l’abbazia di Breme fu un’abbazia «libera», cioè soggetta unicamente al Papa e all’Imperatore.
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Le vicende politiche di Breme narrano che nel 1164 il suo territorio fu concesso da Federico Barbarossa al marchese di Monferrato Guglielmo V e che fu assediata e presa dai Visconti nel 1306; da allora seguì le vicende del ducato di Milano, fino a quando passò ai Savoia, nel 1713, in seguito alla pace di Utrecht. Nel XVI sec. l’imperatore Carlo V la eresse in marca, investendone il suo cancelliere Mercurino Arborio di Gattinara, il quale trasmise ai suoi discendenti il titolo di «marchese di Breme» (uno degli ultimi, e certo il più famoso, a portare questo titolo fu Ludovico di Breme, lo scrittore romantico amico del Manzoni e fondatore della rivista Il Conciliatore).
L'età moderna
Le vicende di Breme tornano ad essere movimentate agli inizi del XVII secolo, quando si trova ad essere coinvolta in quella lunga e sanguinosa guerra conosciuta nei libri di storia come la «Guerra dei Trent’anni», e in particolare a quella fase della guerra che vedeva opposti francesi e spagnoli negli anni immediatamente successivi all’assedio di Casale (quello, per intenderci, di cui parla anche il Manzoni nei Promessi Sposi). A questo periodo risale la costruzione di una fortezza che inglobò, snaturandolo, il fabbricato dell’abbazia.
Nel 1635 le truppe della coalizione tra Francia, ducato di Savoia e ducato di Modena penetrarono in Lomellina e occuparono alcune piazzeforti lungo Po e Sesia, tra cui Breme. Qui esisteva già da tempo un «castello»: lo troviamo nominato nella Cronaca di Novalesa e in alcuni documenti medievali. E’ probabile che questo «castello» sia da identificare con l’edificio situato alle spalle della chiesa parrocchiale, caratterizzato da una bella finestra ogivale in laterizio e da un motivo ornamentale in mattoni. Questo edificio, comunemente denominato «il castello», è oggi ristrutturato e adibito ad abitazione privata.
Vista l’importanza del luogo dal punto di vista strategico, ne fu decisa la fortificazione. Il progetto della fortezza fu presentato al duca Vittorio Amedeo I di Savoia il 25 novembre 1635 dall’ingegnere Bailera; a pianta pentagonale, aveva due porte d’accesso: una a sud, rivolta verso il Po, l’altra a nord, in direzione di Valle. Chi sofferse maggiormente di questo progetto fu il monastero, inglobato nelle mura di fortificazione, con la chiesa abbaziale ridotta a magazzino per le munizioni.
Meno di tre anni dopo, l’11 marzo 1638, le truppe spagnole guidate dal governatore di Milano Leganez, vi posero l’assedio e in capo a quindici giorni la piazza cedeva: non tanto per l’inefficacia delle fortificazioni, quanto piuttosto per l’imperizia e, si disse, per le speculazioni del governatore, il capitano Mongaillard, accusato di lucrare sugli approvvigionamenti, che fu condannato e giustiziato per tradimento poco dopo la sua resa.
Nel 1646 il governo spagnolo decise l’abbattimento della fortezza, troppo lontana dalle altre e che per questo necessitava di una guarnigione più numerosa: troppo costosa da mantenere, dunque, ma anche troppo pericolosa se fosse caduta in mano nemica. Di questa fortezza, che avrebbe dovuto essere imprendibile e che non resse a quindici giorni di assedio, non rimane più nulla; le uniche tracce superstiti le troviamo nella toponomastica: Via Mezzaluna, via Cannoniera, Piazza d’armi, Trincea, vicolo Corridore, cascina Rocca, cascina Rocchetta, Fortino, Muraglione.
Del periodo spagnolo rimangono tuttavia un paio di edifici: uno è il cosiddetto «Corpo di Guardia», cioè il portico sulla piazza principale, nel cui pilastro centrale è murata una lapide con inciso lo stemma di Breme e la legenda «Comunitas Bremide»; l’altro edificio è la casa all’angolo tra Via Abazia S. Pietro e via Carabinieri d’Italia, ritenuta l’abitazione del governatore del forte, con bei finestroni in cotto, su un muro della quale sono affiorati due stemmi affrescati.